Suor Maria Caccialanza, la prima pietra

sr-maria-caccialanzaMaria Caccialanza è nata a Gera di Pizzighettone (CR) il 21 settembre 1856 da un’umile famiglia di contadini, povera di mezzi ma ricca di fede nel Signore e nella speranza annunciata dal suo vangelo.

La piccola Maria viene battezzata lo stesso giorno della nascita. Trascorre l’infanzia secondo le consuetudini del tempo. Perde il padre in tenera età e questo porta nuove difficoltà alla famiglia, già provata dalle fatiche del lavoro agricolo e dalle ristrettezze economiche.

Maria manifesta ben presto un carattere docile e disponibile, insieme a una salute piuttosto cagionevole. Comprende le necessità della famiglia e ben presto viene avviata a dare il proprio aiuto nella casa e per quei servizi che possano portare sollievo alle tante necessità. Tutto ciò, però, le impedisce di andare a scuola e di apprendere adeguatamente a leggere e a scrivere. Solo in età adulta, con tanta forza di volontà, riuscirà a raggiungere un minimo di autonomia in queste abilità, mezzi tanto necessari per la sua missione di prima “sorella maggiore” dell’Istituto delle Figlie dell’Oratorio.

Insieme agli esempi familiari, la catechesi e l’ascolto della parola di Dio riscaldano il cuore di Maria e facilitano l’azione della Grazia, che fa desiderare grandi cose in quella ragazzina, apparentemente gracile ma interiormente forte.

Durante l’infanzia riceve la Prima Comunione e la Cresima e per lei sono veramente incontri con il Signore della vita e con il suo Spirito di amore e di rinnovamento.

La ricerca di Maria verso una maggiore fedeltà alla sua vocazione di Figlia di Dio viene dall’incontro con un giovane e zelante sacerdote: Don Vincenzo Grossi.

Don Vincenzo, abile direttore spirituale, intuisce in Maria la presenza del buon terreno nel quale il seme della Parola può germogliare e in lei una possibilità di concretizzazione del progetto che da tempo è per lui è, allo stesso tempo, un sogno ed una esigenza della volontà di Dio.

Maria lascia la famiglia, emette i voti nelle mani di Don Vincenzo ed entra a far parte del primissimo gruppo di Figlie dell’Oratorio. Maria opera come collaboratrice parrocchiale e come maestra di lavoro in alcuni centri del cremonese, a Pizzighettone, a Regona, a Ponteterra.

Nella semplicità del quotidiano, nell’accettazione costante dei propri limiti, malgrado gli ostacoli della timidezza e del senso di inadeguatezza, Maria manifesta ben presto doti non comuni di carità attiva, apostolato, mitezza, spirito di preghiera e a lei, senza esitazione,  Don Vincenzo affida la guida delle prime, piccole comunità.

Con la saggezza dei semplici che si affidano a Dio, Maria fa dono di sé e lascia alle prime Figlie dell’Oratorio il tesoro di esempi evangelici e di perle di autentica sapienza.

Il suo è un esempio di fedeltà e di amore alla vocazione ricevuta; amava ripetere: “Per amore della mia vocazione, andrei in capo al mondo camminando su carboni accesi” e quando le prove sono più forti: “La vocazione mi costa sino all’ultima stilla di sangue”.

Sopraffatta da una grave malattia, Maria termina la sua esistenza terrena il 5 settembre 1900. L’amore per la Chiesa, per la gioventù, per il proprio Istituto l’ha sorretta fino alla fine e l’ha educata ad unire le proprie sofferenze a quelle di Cristo, rendendo la sua vita e la sua morte un’offerta al Padre, una manifestazione di risurrezione pur nella fatica del dolore.

Il 20 giugno 1901 uno dei grandi desideri di Maria Caccialanza si compie: il Vescovo di Cremona Geremia Bonomelli approva le Regole dell’Istituto delle Figlie dell’Oratorio e raccomanda  la nuova istituzione ai parroci.

Madre Ledovina Scaglioni, superiora generale dell’Istituto, che ha goduto della vicinanza e dell’opera formativa di Maria Caccialanza, così la ricorda:

Fu anima grande in corpo esile, sempre uguale a se stessa, sempre uguale a se stessa, sempre col sorriso sul labbro, malgrado le sofferenze fisiche e le frequenti pene di spirito. Sua dote caratteristica ed eminente era lo spirito di sacrificio che la profonda sua umiltà non riusciva, suo malgrado, a nascondere, perché il Signore volle che fosse di esempio e di edificazione alle sorelle delle diverse case. Offertasi intimamente a Dio per il bene delle anime, se sapeva che qualcuna fosse in pericolo di perire, pur di portare l’aiuto e il conforto di una
parola dolce e persuasiva, intraprendeva talvolta lunghi viaggi a piedi, sprovvista di denaro o altro, perché le ristrettezze in cui versava allora l’Istituto, non le permettevano mezzi più comodi. Ma l’offerta di se stessa a Dio era principalmente per le anime sacerdotali.

Maria Caccialanza è ricordata dalle Figlie dell’Oratorio come esempio di accoglienza e traduzione in vita del carisma delle origini; è il seme fecondo che ha permesso all’Istituto di radicarsi nel terreno della Chiesa e di portare frutto.